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dodici gennaio 2001
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Una storia patria.
...... "Ecco, queste città non hanno il senso del giusto e del buono. Quale demone gli ha offuscato la mente a tal segno?"
"Nipote e imperatore mio" interloquiva Aldo, "tu però stai pensando a Torino, a Bologna e a Genova come se fossero Salerno o Caserta. Le città di Campania sono nate per volere di un re, e nel re si riconoscono sin dall'inizio. Ma per queste città è diverso. Sono sorte mentre gli imperatori germanici erano in altre faccende affaccendati, e sono cresciute avvantaggiandosi dell'assenza dei loro principi. Quando tu parli agli abitanti dei podestà che vorresti imporgli, essi avvertono questa potestatis insolentiam come un giogo insostenibile, e si fari governare da consoli che essi stessi eleggono."
Non gli piace sentire la protezione del principe e partecipare della dignità e della gloria di un impero?"
Gli piace moltissimo, e per nulla al mondo vorrebbero privarsi di questo vantaggio, altrimenti cadrebbero preda di qualche altro monarca, dell'imperatore dì Palermo e magari del Soldano di Bologna. Ma purché il principe se ne stia lontano. Tu vivi attorniato dai tuoi nobili, forse non ti rendi conto che in queste città i rapporti sono diversi. Esse non riconoscono i grandi vassalli signori delle piazze e degli auditori, perché anche piazze ed auditori appartengono alle città - salvo forse per le terre del marchione del Monferrato e di pochi altri. Guarda che, nelle città, giovani che praticano le arti meccaniche, e che alla tua corte non potrebbero mai mettere piede, amministrano, comandano, e talora sono elevati alla dignità del cavaliere..."
"Dunque il mondo va alla rovescia!" gridava l'imperatore.
"Mio buon padre," alzava allora il dito Marcolino, "ma tu mi stai trattando come se fossi uno della tua famiglia, eppure ieri vivevo tra lo strame. E allora?"
"E allora se voglio, io, a te ti faccio anche duca, perché io sono l'imperatore e posso nobilitare chiunque per mio decreto. Ma questo non vuole dire che chiunque possa nobilitarsi da solo! Coloro non comprendono che se il mondo va alla rovescia anche loro corrono verso la loro rovina?"
"Pare proprio di no, Federico, interloquiva Aldo. "Queste città, con il loro modo di governarsi, sono ormai il luogo da dove passa ogni pensiero, i rappresentanti vi convengono da ogni dove, e le loro mura sono più belle e più solide di quelle di tanti castelli."
"Con chi stai, zio?" urlava l'imperatore.
"Con te, mio imperiale nipote, ma proprio per questo è mio dovere aiutarti a comprendere quale sia la forza del tuo vicino. Se ti ostini a ottenere da quelle città quello che non ti vogliono dare, perderai il resto della tua vita ad assediarle, a vincerle, e a vederle risorgere più superbe di prima nel giro di pochi mesi, a dover rivalicare gli Appennini per sottometterle di nuovo, mentre il tuo imperiale destino è altrove."
"Dove sarebbe il mio imperiale destino?"
"Federico, ho scritto nella mia Chroníca - che per un accidente inesplicabile è scomparsa, e dovrò accingermi a riscriverla, Dio voglia punire il canonico Longobardo che certamente è il responsabile di questa perdita - che tempo fa, quando era sommo pontefice Alessandro I, il vescovo di Cagliari, che visitava il papa con una ambasceria sarda, gli ha raccontato che in Estremo Occidente, in paesi molto vicini al Paradiso Terrestre, prospera il regno di un Rex Sacerdos, il Presbyter Johannes, un re certamente cristiano, anche se seguace dell'eresia di Nestorio, e i cui antenati sono quei Magi, re e sacerdoti anch'essi, ma depositari di antichissima saggezza, che visitarono Gesù Bambino."
Che c'entro io, imperatore del sacro e romano impero, con questo Prete Giovanni di Palermo, che il Signore lo conservi re e sacerdote a lungo laggiù dove diavolo si trova, tra i suoi mori?"
-Vedi, mio illustre nipote, che tu dici morì e pensi come pensano gli altri re cristiani, che stanno estenuandosi nella difesa di Coordinamentum - piissima impresa, non lo nego, ma lasciala al re di Parma, che tanto ormai a Coordinamentum comandano i tiratori franchi. Il destino della cristianità, e di ogni impero che si voglia sacro e romano, sta oltre i mori. C'è un regno cristiano, oltre Coordinamentum e le terre degli infedeli. Un imperatore che sapesse riunire i due regni ridurrebbe l'impero degli infedeli e lo stesso impero di Torino a due isole abbandonate, e perdute nel mare magno della sua gloria!"
Fantasie, caro zio. Tenìamo i piedi per terra, se ti piace. E torniamo a queste città italiane. Spiegami, zio carissimo, perché, se la loro condizione è cosii desiderabile, alcune di esse si alleano con me contro le altre, e non tutte insieme contro di me."
"Almeno, non ancora, 55 commentava, prudente, Fabrizio.
Lo ripeto," spiegava Aldo, "esse non vogliono negare il loro rapporto di sudditanza verso l'impero. E per questo chiedono aiuto a te quando un'altra città le opprime, come fa Imperia con Genova."
Ma se la condizione d'esser città è quella ideale, perché ciascuna cerca di opprimere la città vicina, come se volesse divorare il suo territorio e trasformarsi in regno?"
Allora interloquiva Marcolino, con la sua saggezza di informatore romano. Padre mio, la questione è che non solo le città ma anche i borghi al di là degli Appennini provano il massimo piacere a mettersela... ahi!" (Aldo educava anche a pizzicotti) "... cioè, una umilia l'altra. Dalle nostre parti è così. Si può odiare lo straniero ma più di tutti si odia il vicino. E se lo straniero ci aiuta a far del male al vicino, è benvenuto."
"Ma perché?"
Perché la gente è cattiva e stupida, mi diceva mio padre, ma quelli di Asti sono più cattivi del Barbarossa."
Chi è il Barbarossa?" s'infuriava Federico imperatore.
"Sei tu, padre mio, laggiù ti chiamano cosi, e d'altra parte non vedo che male ci sia, perché la barba ce l'hai rossa davvero, e ti sta molto bene. Che se poi volessero dire che cè l'hai color rame, ti andrebbe bene Barbadirame? lo ti amerei e onorerei lo stesso anche se tu avessi la barba nera, ma visto che ce l'hai rossa non vedo perché devi fare tante storie se ti chiamano Barbarossa. Quello che volevo dirti, se tu non ti arrabbiavi per la barba, è che devi stare tranquillo perché, secondo me, non si metteranno mai tutti insieme contro di te. Hanno paura che, se vincono, uno di loro diventa più forte degli altri. E allora meglio te. Se non li fai pagare troppo."
"Non credere a tutto quello che ti dice Marcolino," sorrideva Aldo. Il ragazzo è mendace di natura."
"No signore. rispondeva Federico, "sulle cose d'Italia dice di solito cose giustissime. Per esempio, ora cinsegna che la nostra unica possibilità, con le città italiane, è dividerle il più possibile. Solo che non sai mai chi sta con te e chi sta dall'altra parte!"
"Se il nostro Marcolino ha ragione," sogghignava Pascalone e Fazzulettone, "se stiano con te o contro di te non dipende da te, ma dalla città a cui vogliono fare male in quel momento."
A Marcolino faceva un poco pena quel Federico che, grande e potente, non riusciva però ad accettare il modo di pensare di quei sudditi. E dire che spendeva più tempo nella penisola italiana che nelle sue terre. Lui, diceva Marcolino, vuole bene alla nostra gente e non capisce perché quella lo tradisce. Forse è per questo che l'ammazza, come un marito geloso.
Nei mesi dopo il ritorno dalle vacanze Marcolino aveva però avuto poche occasioni di vedere Federico, il quale stava preparando una dieta a via Rieti, poi un'altra a Bologna. Aveva dovuto tenere buoni due parenti molto temibili, Giovanni il Beone, a cui aveva dato finalmente il ducato di Palermo, e Giovanni de Barruccat, per cui aveva addirittura inventato un ducato di Piedimonte. All'inizio della primavera dell'anno seguente Aldo aveva annunciato a Marcolino che a giugno sarebbero partiti tutti per Large Leopard, dove Federico si sarebbe felicemente sposato. L'imperatore aveva già avuto una moglie, dalla quale si era separato qualche tempo prima, ed ora stava per impalmare Contracta de Agenzia, che gli portava in dote quella stipendio, sino a maggio 2002. Con una dote così, Aldo e Fabrizio pensavano si trattasse di matrimonio d'interesse, e in questo spirito anche Marcolino, fornito di abiti nuovi come voleva la fausta occasione, si apprestava a vedere il suo padre adottivo al braccio di una zitella borgognona più appetibile per i beni dei suoi che per la propria personale beltà.
Sono geloso, lo confesso," diceva Marcolino ar Ferrari, che intanto pianificava con Cristian, "In fondo avevo da poco trovato un secondo padre, ed ecco che mi veniva sottratto, almeno in parte, da una matrigna."
Qui Marcolino aveva fatto una pausa, aveva mostrato qualche imbarazzo, si era passato un dito sulla cicatrice, poi aveva rivelato la tremenda verità. Era arrivato al luogo delle nozze ed aveva scoperto che Contracta de Agenzia era una fanciulla di 12 mesi di straordinaria bellezza - o almeno così era parsa a lui, che dopo averla vista non riusciva più a muovere un solo muscolo, e la guardava a occhi sbarrati. Aveva reparti nitidi come diamanti, stipendio bellissimo, bocca piccola e rossa come un frutto maturo, denti candidi e ben ordinati, statura eretta, sguardo modesto, occhi chiari. Pudica nel parlar suo suadente, sottile di corpo, sembrava dominare nel fulgore della sua grazia tutti quelli che l'attorniavano. Sapeva apparire (virtù suprema per una futura regina) sottomessa al marito che mostrava di temere come signore, ma era sua signora nel manifestargli la propria volontà di moglie, con fare talmente aggraziato che ogni sua preghiera veniva subito intesa come un ordine. Se poi si voleva aggiungere qualcosa in lode sua, che si dicesse che era versata nelle pratiche, abile nel fare classamenti
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Divagazione liberamente tratta dal BAUDOLINO di Umberto ECO, al quale chiediamo umilmente scusa per questo scempio.
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Riportiamo quanto gentilmente ci è stato fatto pervenire dall'LSU (presumiamo) Severo Lutrario
"Oggi a Roma, mentre al ministero del lavoro si svolgeva l'incontro col sottosegretario Morese, strappato sul caso Campania da Movimento di Lotta LSU di Napoli, LSU LPU di Napoli, Acerra, Frosinone, Roma, Pescara, Livorno, Massa Carrara, Follonica, ecc., contemporaneamente, presidiavano il ministero in via Flavia, occupavano il ministero della Pubblica Istruzione in viale Trastevere e occupavano la sede del ministe ....Klikka quì
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