About head

trentuno luglio 2001



Buone Vacanze

Ho taciuto in questi giorni meditando.
Molti mi hanno scritto e mi hanno telefonato, chiedendomi il perché di queste due settimane di selenzio.
Le domande in genere erano: E’ successo qualcosa? – Saremo stabilizzati?…..
La risposta era tutto e niente.
Rimuginavo i fatti di Genova, tra una riunione sindacale ed un’assemblea, un’importante incontro a Roma ed una visita lampo ad un vecchio amico.
Mi veniva in mente la candida figura del signor Agnolotto, l’illuminato del Genoa Social Forum, e mi faceva sorridere l’immaginare una proiezione del suo futuro, lo vedevo ricco assicuratore, residente e proprietario di una bellissima villa con piscina, nella zona in di ****, dove conduceva una dorata vita da scapolo.
Gli eroi ed i protagonisti delle tante battaglie erano tutti con lui… A tappezzare le belle stanze della sua villa, in formato gigante, rigorosamente in bianco e nero….. Quante lotte e quante botte…. Ai poveretti. Tutto questo al grido di “cazzo compagni”.
Oramai lontani gli eco delle assemblee e dei cortei di piazza, era nostalgico nel ricordarsi alla testa di ogni cosa in qualità di capopopolo.
Forse quello di Seattle, ma allora sarebbe dovuto nascere in America.
Esistono due tipologie di capi popolo, i furbi-svegli e gli autosacrificali, non lo conosco e non so quale è la sua.
Una cosa è certa: nessuno non potrà mai fermare un processo che a gennaio 2002 sarà irreversibile.
Nemmeno gli americano che tanto pagano Black Block e i fessi che lottano al grido di: abbasso la globalizzazione.
Cari amici o quelli che si prendevano a botte erano i classici idealisti, svuotati di proprio pensiero, ed aizzati contro il MOSTRO oppure qui non ci capiamo nulla proprio.
Questa che si sta combattendo, non per strada, è una guerra, una guerra fatta di parole e pensieri, ma anche fatta di alleanze e strategie.
Gli Americani, fino a qualche tempo fa dominatori del mondo, temono la nuova Super Nazione, l’Europa e la sua moneta, l’euro,, e cercano in tutti i modi di affossare l’unità, economica, sociale e militare europea, diciamo il Super Stato Globale chiamato U.E., che avrà tanta potenza da rintuzzare le mire imperialistiche degli U.S.A.
Noi abbiamo assistito all’ennesimo calo di braghe del Governo Italiano.
Ma il signor Berlusconi, non riuscirà a portarci fuori dall’Europa.
E’ giunto il momento di cambiare, la politica antimperialistica parte con una petizione
nazionale per l’uscita dalla NATO, questo dovrebbe organizzare il signor Agnolotto, invece di rompre i c…. Ai genovesi e all’Italia intera con inutili manifestazioni pseudo pacifiste.
Tutto comincia con il pensiero del signor Keynes, secondo il quale il livello dell'occupazione è determinato dalla somma degli investimenti e dei consumi (domanda aggregata).
Gli effetti benefici dell'aumento della domanda di beni sono più che proporzionali e sono caratterizzati da MOLTIPLICAZIONE E ACCELERAZIONE.
L'economia lasciata a se stessa non ha queste capacità: da qui la necessità di un intervento statale.
Dunque, lo Stato interviene in economia e tende a governare, mediante un'economia mista, il ciclo economico, questo al fine di assicurare un certo livello di occupazione
Questo tipo di Stato si propone di assicurare a tutti i cittadini il soddisfacimento di bisogni primari quali l'occupazione, la casa, l'assistenza sanitaria e l'istruzione.
Diretta conseguenza di tutto ciò è la creazione di sistemi di sicurezza sociale per garantire solide basi d’assistenza e previdenza, aumento dell'intervento statuale in ambito culturale-scolastico.
Lo Stato cerca di ridurre le disuguaglianze derivanti non dalle diverse capacità ma dalla nascita e dalla posizione sociale delle persone, differenze su cui le persone possono avere un controllo minimo.
Dei pensieri con cui si designa tale Stato quello francese è il più interessante. Esso esprime l'idea che il fato e il destino possono essere modificati dallo Stato democratico
e sociale che impersona valori umani e collettivi.
Esempi sono le disuguaglianze: sociali, nei vantaggi che si ricavano dai servizi pubblici, ad esempio l'istruzione, la cultura, la sicurezza, il crimine. Altri disuguaglianze economiche, le quali, combinate con quelle sociali determinano disuguaglianze nell'accesso alla casa, alla salute, all'informazione, all'esercizio di cittadinanza, fra i sessi.
La prevenzione delle disuguaglianze può essere attuate a monte (prima che si accumulino) o a valle (distribuendo reddito)
Rispetto al welfare state si usa distinguere il modello liberale, tipico degli Stati Uniti, da quello universalistico modellato sulle idee di lord Beveridge,uno dei grandi architetti del welfare state da quello socialdemocratico o corporativo, caratteristico della Germania occidentale.
Il welfare state liberale ha normalmente carattere residuale; esso è costruito, cioè, sul presupposto che lo Stato debba intervenire solo in condizioni estreme e nel caso in cui sia insufficiente l'azione di altre istituzioni, come la famiglia o la carità privata. La differenza principale, anche se non la sola, fra welfare state universalistico (inizialmente adottato dal sistema sanitario inglese) e corporativo si riferisce, invece, al criterio adottato per stabilire chi abbia diritto a ricevere i servizi erogati dallo Stato: nel primo tutti i cittadini(tanto che si parla di diritti di cittadinanza sociale), nel secondo soltanto coloro che, in vario titolo, contribuiscono a finanziarne il costo
E’ bene ricordare che prima dell'industrializzazione gli esseri umani vivevano in comunità molto più piccole e rade, con l'industria si sono avuti i concentramenti e si sono raccolti, sotto capannoni delle fabbriche, milioni e milioni di esseri umani, omologandoli, (l’omologazione continua ancora oggi sotto forme diverse, colpendo anche il disoccupato). All'interno di quei capannoni sono maturati nuovi bisogni, richieste di identità, istanze ancora disconosciute di cittadinanza. La socialdemocrazia è stata la risposta a quei bisogni. Una risposta fatta di organizzazione (anche e sopratutto burocratica) e di delega suddivisa tra sindacato e partito. Esiste, in questo, una perfetta simmetria, anche con l'organizzazione del Welfare State: i tesserati in fabbrica sono la massa salariale che paga i contributi con cui funzioneranno previdenza e sanità. Non deve perciò stupire che il mutamento nell'organizzazione economica ponga oggi in crisi, con il capannone della fabbrica tradizionale tutto ciò che con essa è nato sul piano sindacale e politico. Ne derivano conseguenze straordinarie, nel meglio come nel rischio di devastazioni.
Dopo questa rapidissima sintesi ci appare chiaro che il concetto di globalizzazione non è poi così recente; anche gli antichi, infatti, sentivano la necessità di ampliare i propri contatti commerciali, ma la prima vera economia globale è stata quell'Europea, che è differente da quelle del resto del mondo.
Il termine globalizzazione non deve essere scambiato con quello di internazionalizzazione. Perché se il primo, è un concetto più ampio e preciso che indica
quel fenomeno in grado di racchiudere e di controllare le economie mondiali secondo un unico modello, il secondo è molto meno esauriente e definisce l’espansione di un’economia solo al di là dello stato geografico di produzione e di partenza. Per Dicken l’aspetto politico è uno dei fattori che hanno contribuito a fare dell’occidente il punto di riferimento. Infatti, la presenza degli stati indipendenti con colonie oltre Oceano, l’economia interna tra tali stati, l’organizzazione del lavoro furono presupposti importanti per il dominio di tale modello (si pensi ad esempio all’ONU, o al G 7). L’economia globale è dunque globalità di produzione, di commercio, scambio e consumo.
Dalla seconda guerra mondiale si stabilì come riferimento per lo scambio delle valute, il Dollaro che, a sua volta, doveva riferirsi all’oro. Dopo il 1970 e dopo il boom economico del periodo dopo guerra vi fu l’incremento del prezzo del petrolio: ciò segnò una disorganizzazione rispetto all’ordine dell’economia globale affermato da Max Weber. Crebbe di conseguenza sia l’inflazione che, portò ad una potente crisi economica che la disoccupazione. Questo non fece che facilitare lo sviluppo di altre zone della terra in via di affermazione quali quelle dell’Asia Orientale. Secondo Palloix si possono evidenziare tre processi di sviluppo della cosiddetta internazionalizzazione dei circuiti del capitale che Dicken spiega come:
1) circuito del capitale delle merci
2) circuito del capitale monetario
3) circuito del capitale produttivo.
Dal punto di vista sociale in tutti e tre i casi, il fine ultimo è quello di trarre profitto sugli investimenti anche se non va tralasciata l’importanza del sistema politico che molto spesso vieta o permette, ad esempio, di reperire grandi quantità di manodopera.
Paul Hirst e Grahame Thompson delineano a tale proposito, una serie di requisiti che l’economia globale deve avere per essere ritenuta tale:
- deve essere determinata da processi internazionali con l’inglobamento delle strutture politiche.
- il soggetto deve essere la società transnazionale collocata nel luogo più consono e redditizio per le attività svolte e per le necessità; inoltre deve disporre di filiali autonome in tutte le nazioni, funzionanti come l’industria madre.
- migrazione del capitale non della manodopera
- separazione dell’economia dalla politica ed eliminazione di singoli stati preminenti e dominanti.
La globalizzazione inoltre ha creato non solo politicizzazione cioè l’indipendenza tra i paesi e quindi scambi oltre che economici politici ma ha dato anche vita a fenomeni commerciali quali il soddisfacimento di domande ancora da creare o in via d’avanzamento.
Le aree maggiormente sviluppate come gia accennato, sono quelle della triade della concorrenza globale ovvero: America settentrionale, Europa e Asia orientale che si sono ampliate rispetto agli inizi degli anni 80 e includono anche stati quali: Messico, Indonesia, Svezia ecc.
Aspetto decisivo delle transnazionali è l’investimento estero diretto, in altre parole le
risorse economiche investite in altri stati nazione che, negli anni 50 vedevano un forte investimento statunitense in Europa, mentre l’assetto cambiò nei successivi anni 80 portando risorse giapponesi ed europee negli USA. Anche se gli Stati Uniti possedevano un maggior numero di società, il miracolo economico ha portato altre nazioni a buoni livelli pur avendo meno transnazionali a disposizione.
I paesi meno sviluppati fanno parte dello stato nazione e hanno il compito di lavorare i prodotti introdotti dalle transnazionali, perché la manodopera è molto meno esosa in tali zone. L’unico problema che qui si pone, è il riuscire a portare tutti questi paesi agli
stessi livelli. Tuttavia sono presenti enormi disparità, per esempio: l’Africa appare presente nel sistema solo come fornitrice di materie prime, l’America latina non riesce a prendere esempio dagli Stati Uniti, cosa che alcuni paesi satelliti dell’Est asiatico sono riusciti ad attuare, imitando il Giappone.


A quasi quasi dimentticavo: Buone vacanze a tutti......
E ci rivediamo a settembre..........................

Federico Righi



Side nav buttonsIndiceFederico RIGHICreditiNoteIndirizziRubricheImmaginiNormativaArchivio