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ventitré aprile 2001



Pubblicare su web è un diritto legittimo




Chiti e Giulietti, legislatori olistici?
di Massimo Mantellini.

La superficialità del provvedimento adottato canta a voce altissima non solo l'approccio scarsamente filosofico dei nostri politici al loro lavoro ma anche i limiti di quanti hanno approvato questa legge


Chiti e Giulietti, legislatori olistici?21/04/01 - Stand By - Roma - Esiste un libro bello e divertente di Douglas Adams che parla della necessità di un approccio olistico al mondo che ci circonda (L'investigatore olistico Dirk Gently, Feltrinelli 1996). La nuova legge sull'editoria avrebbe forse avuto bisogno di un approccio simile da parte dei suoi estensori. Alludo alla necessità filosofica di affrontare "il tutto" per comprendere "il particolare" sapendo che esistono migliaia di fili nascosti che legano le cose di questo mondo. Di questi rapporti invisibili gli estensori del disegno di legge in questione sembra ignorassero del tutto l'esistenza. Sono convinto, un po' scherzando e un po' no, che molta della bruttezza della legge in questione discenda da questa mancanza.

Provo a spiegarmi meglio. Esisteva da tempo la volontà di estendere al web le facilitazioni economiche già previste dalla legge per i prodotti editoriali. Credo siano nel giusto quanti non vedono intenti censori nella nuova normativa: la voglia di censura (voglia che comunque l'ordine dei giornalisti ha manifestato spesso, ogni qual volta ha chiesto inascoltato di regolarizzare l'informazione sul web) viene sempre dopo quella di portare a casa la pagnotta. Questa di oggi sembra nata come una normalissima legge di adeguamento della normativa per includere un settore - quello della editoria su Internet - nuovo ed ancora non compreso.

Bene, il legislatore olistico (se esiste) sa che aggiungere due righe alla definizione di "prodotto editoriale" (per estendere al web la possibilità di ricevere fondi statali e benefici fiscali) o rivedere o ampliare la definizione del termine, inevitabilmente tirerà alcuni degli invisibili fili che legano le cose di questo mondo. E questa consapevolezza lo obbligherà a preoccuparsi delle conseguenze.

La superficialità del provvedimento adottato canta quindi a voce altissima non solo l'approccio scarsamente filosofico dei nostri politici al loro lavoro (il che sarebbe pretendere troppo) ma anche i limiti di quanti, a vari livelli, hanno commentato, vagliato, discusso e infine approvato una legge che, per uno di quei misteri gloriosi tipicamente italiani, oggi, a pochi giorni dalla sua plebiscitaria approvazione, non piace più quasi a nessuno.

35.000 cittadini isterici (come fra le righe quasi tutti i media schierati per una "corretta e professionale informazione" li hanno definiti) hanno firmato una petizione che ha costretto molti politici ad una presa di posizione in materia, scatenando anche le reazioni di qualche rappresentante del governo come il Sottosegretario Chiti e il relatore della legge in questione il DS Giulietti che, in una totale confusione di ruoli, si sono prestati a interpretare e spiegare con parole e idee loro, una legge della Repubblica.

Le parole scritte e approvate dal Parlamento, sottosegretario Chiti, sono pietre. Quelle e solo quelle. Al confronto, le di lei deduzioni al riguardo (anche quelle pronunciate alla Camera quando afferma che la legge "...non ammette, né potrebbe farlo, interpretazioni differenti da parte di chicchessia rispetto a quella propria delle Camere che l'hanno approvata...") valgono come chiacchiere al bar in un qualunque dopo-partita. E ' questo un piccolo particolare taciutole dai giornalisti di Repubblica (uno dei quotidiani che più correttamente ha seguito tutta la vicenda) che hanno raccolto le sue rassicuranti parole. Almeno fino a quando le impressioni dei nostri politici non faranno giurisprudenza.

Per il resto, la bagarre di questi giorni è servita a celebrare l'apoteosi del deep linking. E perfino del suo contrario. La Internet italiana si è riempita di collegamenti alle pagine di Punto Informatico, Peacelink e Interlex, in un crescendo che nessuna campagna su Internet aveva mai registrato nel nostro paese. E il contenuto olistico del link ha dato segno di sé perfino nella sua estensione "al contrario".

Nessuno dei siti web editoriali italiani, "costretti" dalle dimensioni assunte dalla protesta a riferire della petizione, ha infatti ritenuto di fornire ai propri lettori un link alle pagine di Punto Informatico, quasi che tale elementare approfondimento ipertestuale fosse una concessione al nemico o peggio un vile atto di collaborazionismo. Il "null linking" dei siti "professionisti" del web non ha raggiunto in ogni caso la comica performance de "Il Nuovo", quotidiano online del gruppo Ebiscom, che lunedi 9 aprile, quando alla petizione di PI avevano aderito già oltre 14000 persone, scriveva testualmente:" C'è chi si dice pronto ad organizzare una raccolta di firme per far sentire la propria voce".

All'anonimo estensore di quel pezzo un corso di filosofia olistica non porterebbe temiamo alcun giovamento. Per lui (come per molti altri fra quanti fanno cattiva informazione professionale in Italia) l'unico filo che unisce al mondo la propria professione è quello del bonifico bancario che li raggiunge a fine mese. Il che, me lo concederete, è una semplificazione filosofica eccessiva anche per un movimento di pensiero in odore di new age.


Editoria, una partita persa!
Chi ha scritto la Legge in questione non ha che una pallida idea di come e quanto la comunicazione elettronica abbia profondamente modificato i tradizionali meccanismi di produzione e diffusione dell'informazione

Random036/ Editoria, una partita persa21/04/01 - Stand By - Roma - I lettori di "Punto Informatico" probabilmente conoscono tutto della Legge 7 marzo 2001, n. 62, "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416", avranno letto molti commenti a proposito e si saranno già fatti una propria opinione in merito.

Mentre gli effetti del provvedimento sui siti che diffondono abitualmente informazioni in Rete sono abbastanza ovvi, restano ancora incerti alcuni dei suoi ambiti di applicazione. Qui proviamo ad occuparci di un aspetto che forse non è stato ancora discusso abbastanza ma che crediamo sia meritevole di attenzione.

Le Newsletter esistono da tempo immemorabile, sono delle vere e proprie "pubblicazioni" a periodicità più o meno fissa che vengono spedite agli indirizzi e-mail di centinaia di migliaia di utenti. A prima vista, una Newsletter sembrerebbe del tutto assimilabile ad una qualsiasi pubblicazione cartacea che viene spedita in abbonamento postale e quindi dovrebbe ricadere in pieno all'interno della norma riguardante l'obbligo di avere un direttore responsabile iscritto all'Albo. Se però ne analizziamo meglio le caratteristiche ci accorgiamo che, accanto alle somiglianze con una pubblicazione cartacea, esistono anche molte differenze, e non da poco.

Per prima cosa le riviste tradizionali vengono diffuse soprattutto in edicola, sono quindi - nel senso pieno del termine - "pubbliche" in quanto l'editore non ha alcun modo di conoscere i destinatari del suo prodotto. Un caso particolare tra le pubblicazioni a stampa riguarda però quelle diffuse all'interno di una cerchia, più o meno ampia, di persone: un club, un sindacato, un partito, un gruppo di amici. In questi casi, di solito, non si dovrebbero applicare le norme sulla stampa in quanto sarebbe come se uno di noi decidesse di spedire, anche periodicamente, ai suoi conoscenti i resoconti dei suoi viaggi o le sue riflessioni sulla politica internazionale e fosse costretto per farlo ad assumere un giornalista come direttore responsabile.

L'editore di una Newsletter ha infatti modo di sapere a quanti e quali indirizzi e-mail verrà spedita e quindi, in un certo senso, "conosce" i destinatari del file spedito, proprio come chi cura la preparazione e l'invio di un bollettino dedicato ad un gruppo di persone con i suoi stessi interessi, per esempio i fan di un gruppo musicale o gli appassionati di un determinato gioco o sport.

D'altra parte, mentre "pubblicare" su pagine web la stessa Newsletter la pone in una condizione molto simile, a parte l'aspetto economico, a quella di qualsiasi rivista esposta in edicola, la gestione - attraverso un listserver o addirittura manuale - di un elenco di indirizzi assimila del tutto la pubblicazione elettronica ad un qualsiasi bollettino fotocopiato e diffuso solo in un determinato ambito, se non addirittura ad un messaggio di posta personale.

Un secondo aspetto della nuova normativa riguarda invece le semplici pagine web, vale a dire quelle che vengono prodotte senza aver in mente un loro aggiornamento periodico, quelle legate a qualche evento particolare o quelle che su Internet nascono e muoiono con estrema velocità.

In questo caso il paragone è con i classici vecchi volantini, usati da tempo per gli scopi più diversi, da quelli pubblicitari a quelli politici. Qui l'equivalenza è totale: chiunque scriva e "pubblichi" su web anche una sola pagina in tutta la sua vita dovrebbe sottostare a tutte le incombenze previste dalla legge sulla stampa per chi distribuisce un volantino in strada.

E questo anche se la pagina non contiene notizie ma il proprio oroscopo settimanale o la ricetta degli spaghetti alle vongole, in quanto chiunque provi a diffondere in pubblico un volantino dagli stessi contenuti è tenuto ad apporvi data e luogo di stampa, nome dello stampatore ed inviare cinque copie dello stesso alle Autorità competenti.

Come è evidente, anche in questo caso, chi ha scritto la Legge in questione non ha che una pallida idea di come e quanto la comunicazione elettronica abbia profondamente modificato i tradizionali meccanismi di produzione e diffusione dell'informazione.

Infatti, lo stesso contenuto del volantino di carta o della pagina web, se trasformato in un file ascii e spedito ad una lista di indirizzi presi dalla propria rubrica, difficilmente sarebbe perseguibile come "pubblicazione clandestina", a meno di non voler sfidare, oltre qualsiasi limite, il ridicolo.

Dall'osservazione di questi due casi, particolari ma non troppo se pensiamo alle centinaia di migliaia di pagine web "amatoriali", viene il sospetto che più che la diffusione di informazione per via elettronica, difficile se non impossibile da controllare, si sia voluto colpire il "mezzo" web in quanto ritenuto, a torto o a ragione, l'unico a disposizione di tutte quelle più o meno piccole realtà, non legate ai grossi gruppi economici, che producono e diffondono informazione in Rete.

Certamente sarà più facile "regolamentare" le pagine web piuttosto che le Newsletter ma, da questo punto di vista, chi pensava di imbavagliare la comunicazione orizzontale ha perso la partita ancora prima di cominciarla.

P.S. Le ultime dichiarazioni a proposito della "corretta" interpretazione della nuova legge, pubblicate quando questo articolo era già stato scritto, dimostrano, ancora una volta, la confusione delle idee dei politici e dei legislatori che hanno a che fare con argomenti riguardanti Internet.


Sull'editoria... Timeo Danaos.
di Giancarlo Livraghi.

Quanto i nostri legislatori siano male intenzionati, e quanto invece siano semplicemente ignoranti, superficiali e male informati... è un dubbio che probabilmente continuerà ad affliggerci

Sull'editoria... Timeo Danaos21/04/01 - Stand By - Roma - Per gentile concessione dell'autore e dell'editore di Web Marketing Tools pubblichiamo in anteprima un autorevole intervento sulla situazione di Internet in Italia:

Sono passati più di due anni da quando è uscito in questa rubrica un articolo intitolato Timeo Danaos et incentiva ferentes. Eravamo in una delle fasi di hangover, di dopo-sbornia, che sono ciclicamente seguite ad altrettante ubriacature trionfalistiche. Dopo aver vaneggiato di "crescita esponenziale", di diffusione accelerata del "commercio elettronico" e di altre ipotesi campate per aria (ma proclamate come vangelo) cominciava a diffondersi la percezione che non tutto stesse andando secondo le profezie delle sibille; che lo sviluppo dell'internet fosse meno trionfale del previsto; e che l'Italia fosse (come infatti era) arretrata.

Molti si precipitarono a chiedere interventi pubblici, favori e sovvenzioni. Quelle voci furono ascoltate dal governo - e in generale dagli ambienti politici. Si svilupparono varie ipotesi di "incentivi", una più sballata dell'altra, che per fortuna si persero nelle more delle procedure, della burocrazia e del tira-e-molla sulla "coperta corta" delle leggi finanziarie.

Intanto... l'internet continuava a crescere e la situazione in Italia cominciava a cambiare. Spesso accade che il "trionfalismo" coincida con situazioni di crisi - e che la presa di coscienza dei problemi si accompagni a un inizio di soluzione. Fatto sta che proprio fra la fine del 1998 e l'inizio del 1999 si colloca l'avvio di una nuova fase, che vede crescere costantemente la diffusione della rete in Italia. Una tendenza solida e forte proprio perché non deriva da alcun "incentivo", pubblico o privato, ma da un'evoluzione naturale dei rapporti (di vita e di lavoro) fra le persone. (Vedi la sezione dati).

Come sappiamo, c'è stata un'altra ubriacatura, con i sogni e le fantasie della borsa e della speculazione finanziaria. Seguita da un inevitabile crollo e da un'enorme confusione sui motivi di quella che in realtà non è una crisi ma solo un assestamento necessario.

Oggi si parla meno di "incentivi". Ma non si è spenta la voglia di "regolamentare". Infiniti disegni e progetti di leggi e norme, dispersi nelle complessità della macchina parlamentare, si annidano minacciosi e potrebbero tradursi in una congerie di provvedimenti inopportuni, indesiderabili, confusi e mal concepiti. Alcune leggi sbagliate sono, purtroppo, entrate nel codice (come quella sulla protezione dei dati personali e quella sul cosiddetto "diritto d'autore" - per citare solo due dei casi più clamorosi).

Mentre questo numero sta andando in stampa, non si sa come andrà a finire la bizzarra vicenda della recente legge sull'editoria. Una "commedia degli errori" che sarebbe ridicola se non fosse preoccupante. Sembra - almeno in parte - esagerata la diffusa preoccupazione che quella legge si traduca in inaccettabili restrizioni della libertà di opinione e di informazione. Non è facile capire se le dichiarazioni benevole del governo esprimono una sincera intenzione, tradita "per errore" da una legge mal formulata - o una precipitosa "marcia indietro" davanti alla diffusa indignazione e protesta. Non sappiamo se ci saranno norme interpretative che potranno rimediare alla balordaggine della legge. Ma un fatto è chiaro: ancora una volta si è legiferato male.

Più che mai è il caso di ripetere timeo Danaos. Quanto i nostri legislatori (e le lobby che li ispirano) siano male intenzionati, e quanto invece siano semplicemente ignoranti, superficiali e male informati... è un dubbio che probabilmente continuerà ad affliggerci. Ed è evidente che se questo nuoce alla società civile, è dannoso anche per le imprese e per l'economia. Speriamo che l'allarme scatenato dalla sciagurata legge sull'editoria sia servito come avvertimento. E che la prossima volta ci sia altrettanta indignazione, e altrettanto diffusa, quando si proporranno altri provvedimenti insensati e nocivi - come, purtroppo, è probabile che accada.

FIRMA CONTRO LA CENSURA

E' in agguato un grave pericolo per la società civile, vogliono mettere il bavaglio all'informazione libera e non controllata, lasciando tale prerogativa solo a chi sta negli schemi, omologato ad un codice statutario e che scrive solo ciò che al padrone fa piacere che venga scritto.
Noi e migliaia di altri siti, insieme a già oltre 30.000 uomini e donne, liberi, siamo firmatari di una petizione avviata da
Punto Informatico, che si impegna a presentare al nuovo Parlamento, che emergerà dalle elezioni politiche del 13 maggio, il seguente documento, comprensivo di tutte le firme che giungeranno fino al momento della presentazione e le adesioni dei siti Web.

PETIZIONE CONTRO LA NUOVA LEGGE SULL'EDITORIA (62/2001)

La Rete e il Web rappresentano due strumenti di diffusione del pensiero e dell'informazione del tutto innovativi e questa legge anziché agevolarne lo sviluppo impone obblighi e registrazioni del tutto incompatibili con la natura tecnica e libertaria della comunicazione elettronica.
Per rimuovere questa incombente censura, per impedire che venga trasferito sulla Rete il controllo della corporazione dei giornalisti e degli editori, per garantire oggi e sempre la libera circolazione delle opinioni e delle informazioni sulla rete Internet, io sottoscritto chiedo che la nuova legge sull'editoria, n. 62 del 7 marzo 2001, in particolare i commi 1 e 3 dell'art. 1, venga abrogata da questo Parlamento in quanto legge censoria del diritto di parola e di stampa.
Diffondete tra tutti i vostri conoscenti, parenti ed amici e sopratutto recatevi al seguente indirizzo e firmate la petizione.
http://punto-informatico.it/petizione.asp

Federico RIGHI

IL CASO D'ANTONA.

Era il venti maggio 1999, noi manifestavamo al Ministero delle Finanze in viale Europa a Roma, per ottenere la prima proroga e rivendicare il nostro diritto al lavoro, e poco distante da li, in pieno centro, veniva barbaramente trucidato Massimo D'Antona. Si disse ad opera delle Brigate Rosse.
Gruppo terroristico, di chiara fama, all'uopo resuscitato e poi, così come è comparso, è subito scomparso, per ritornate subito a dormire. Noi diciamo strano.
Ricordo ancora come la notizia ci sconvolse tutti, perché lo sapevamo impegnato, accanto all'ex Ministro del Lavoro Bassolino, nello studio di processi di collocazione al lavoro. Di li a poco Bassolino dette le sue dimissioni. Oltre ad una grande ferita è rimasto un'altro buco oscuro sulle pagine della contemporanea storia patria. Oggi è ancora un mistero.
Nella bagarre, determinata dal caldo clima elettorale che viviamo in questi giorni d'aprile del 2001, a quasi due anni dalla scomparsa dell'illustre studioso, si continua aparlare di lui. Ecco cosa dice il candidato premier del polo, Silvio Berlusconi:


Silvio Berlusconi parla in conferenza stampa
Dopo pochi minuti la rettifica e l'auto-smentita


D'Antona? Regolamento di conti nella sinistra
La moglie del sindacalista ucciso: "Sono ferita e offesa". Il Cavaliere le manda una lettera di scuse

ROMA - "Massimo D'Antona è stato vittima di un regolamento di conti interno alla sinistra": così Silvio Berlusconi torna a parlare della sinistra che semina odio, nella conferenza stampa di via del Plebiscito, e risponde a Massimo D'alema sulla questione delle vittime delle Brigate rosse. Ma dopo pochi minuti, per "evitare spiacevoli equivoci", ritiene necessario precisare che le sue affermazioni si riferivano a personalissime impressioni. E ancora, al termine della conferenza, legge ai giornalisti un comunicato scritto e rettifica le sue affermazioni sulla possibile matrice del delitto D'Antona: "Non mi riferivo affatto alla sinistra parlamentare - dice - è chiaro che stavo parlando di ambienti estremisti, chiaramente estranei sia al mondo del sindacato sia a quello della sinistra parlamentare".

E' una rapidissima marcia indietro, quella del Cavaliere, ma non basta a frenare la polemica. Le sue parole, dice a caldo Massimo D'Alema, sono "un'autentica barbarie. Quello che ha detto Berlusconi non colpisce tanto per la rozzezza politica, perché questa era nota, quanto per l'insensibilità umana". Il leader del centrodestra, gli fanno eco Fabio Mussi e il popolare Letta, "E' un uomo che ha perso la testa".

Indignata Olga D'Antona: "Sono ferita e offesa dalle dichiarazioni di Berlusconi che mi danno il senso della sua irresponsabilità - ha detto la moglie del sindacalista ucciso -. E' incredibile che Berlusconi dica cose così gravi e subito dopo le rinneghi". Ma l'ufficio stampa di Forza Italia fa sapere che il Cavaliere in serata le ha inviato personalmente una lettera di scuse: "Una mia frase che si e' prestata all'equivoco - ha scritto Berlusconi a Olga D'Antona - può aver leso la memoria di suo marito e i sentimenti che ci legano tutti, senza distinzione di parte, al suo sacrificio. Gliene chiedo scusa in tutta sincerità e me ne rammarico".

Nella sua auto-smentita, Berlusconi ha detto di avere "sempre rispettato profondamente il sacrificio di D'Antona" e di non avere mai "disconosciuto l'impegno del sindacato e della sinistra nella lotta al terrorismo": E ha anche precisato che le sue prime parole si riferivano solo a quanto contenuto in una ordinanza della questura di Roma che riportava tra il testo di una telefonata una frase di questo tenore: "Rivendicazione Br, dopo D'Antona faremo fuori Berlusconi".

Le frasi su D'Antona, in conferenza stampa, erano arrivate dopo una dichiarazione in cui il Cavaliere diceva di accogliere con soddisfazione l'invito rivolto stamattina dal presidente Ciampi ai partiti di occuparsi solo della presentazione dei programmi politici. Nei prossimi venti gionri, ha detto Berlusconi, "mi occuperò solo di questo".

(La Repubblica 21 aprile 2001)



Il Cavaliere affida all'Ansa un comunicato in cui si dice indignato dalla disonestà della sinistra

Su Berlusconi è ancora bufera
"Sono stato strumentalizzato"

Ma le polemiche non si placano
Mancino: "Un linguaggio inaccettabile"


ROMA - Non si placa la bufera intorno a Silvio Berlusconi per le sue dichiarazioni sul caso D'Antona. Le reazioni indignate si rincorrono anche questa mattina e il leader della Casa delle Libertà affida all'Ansa la sua terza smentita in proposito. E se si dice che l'attacco è la miglior difesa, Berlusconi sembra far buon uso di questa regola, puntando il dito contro la malafede e la disonestà intellettuale degli uomini della sinistra.

"Sono profondamente colpito dalla strumentalizzazione violenta messa in atto su una mia frase che si prestava certo a essere equivocata, ma che ho immediatamente, tempestivamente e in assoluta buona fede chiarito e precisato, senza che potesse restare in alcuno, ombra di dubbio. Nessuna persona di buona fede poteva e può quindi dubitare della mia buona fede". Una ventina di righe spedite all'agenzia di stampa che forse non basteranno a placare le polemiche scatenate dalle sue dichiarazioni di ieri in una conferenza stampa in via del Plebiscito.

"L'omicidio di Massimo D'Antona fa parte di un regolamento di conti interno alla sinistra". Accuse pesanti di cui il Cavaliere sembra non rendersi conto fino all'evidente insistenza dei giornalisti che prendono a fare una domanda dietro l'altra. Solo allora la brusca frenata e il tentativo di una spiegazione: "Mi riferivo a un'impressione ricavata dalla lettura frettolosa dei giornali e da quella, più attenta, di informative riservate". Ma non basta, il caso si è già creato, e Berlusconi, in affanno, spera di risolvere l'"equivoco" leggendo un comunicato a margine dell'incontro con la stampa: un'inedita auto-smentita. "Non ho mai pensato, né inteso dire che l'omicidio di Massimo D'Antona nasca da un regolamento di conti interno alla sinistra".

"Sono probabilmente frutto dell'eccitazione da campagna elettorale le dichiarazioni di Berlusconi sull'omicidio D'Antona - ha detto questa mattina da Cellatica, in provincia di Brescia, il ministro delgi Esteri Lamberto Dini - ma sono comunque incidenti di percorso che non devono accadere". Più duro il commento del presidente del Senato, Nicola Mancino, convinto che sia inaccettabile il liguaggio utilizzato dal Cavaliere. Poi, da Rutelli un pensiero rivolto alla vedova D'Antona, che dopo aver ricevuto scuse scritte da Berlusconi si dice ancor più sconcertata della smentita: "Affermare cose di una tale gravità per poi rimangiarsele un minuto dopo dimostrano un atto di irresponsabilità di fronte a tutti i cittadini di questo Paese".

(La Repubblica 22 aprile 2001)
 

SPAZI E UFFICI PIU' STRETTI PER GLI STATALI.


I tempi cambiano, e gli spazi vitali si restringono. Già il posto fisso comincia a diventare un’utopia, figurarsi il posto da statale. E ora, anche per gli statali, arriva la stretta di cinghia. Anzi, di pareti. Nel quadro dei risparmi della pubblica amministrazione, infatti, il ministro del Tesoro, del Bilancio e della programmazione economica ha riscritto i criteri e le modalità per la riduzione degli spazi adibiti ad uffici pubblici, ed ha dato mandato all’Agenzia del Demanio di provvedere. Lo scopo è quello di arrivare a risparmiare il 3 per cento negli affitti che, per lo Stato, rappresentano un carico particolarmente oneroso. Su questa base sono stati ridisegnati gli spazi che toccheranno ad ogni impiegato statale, a seconda del grado e della categoria. Il dirigente avrà diritto ad una stanza tutta sua, per un minimo di 25,3 metri quadrati e un massimo di 28,3. I funzionari staranno almeno in tre per ogni stanza, minimo 13,3 metri quadrati, massimo (ma solo dal settimo al nono livello) 21,3. Per gli impiegati c’è poco da scialare: 8 per stanza, minimo 9 metri quadrati, massimo (dal quarto al sesto livello) 12 metri quadrati. Ma attenzione: in questi spazi vitali c’è un “tutto compreso”, che non fa capire bene quanto in realtà saranno grandi i nuovi uffici. Perché in questa metratura vengono compresi anche gli spazi utilizzati per stanze riunioni, biblioteche, archivi, mense, corridoi, ingressi, scale e servizi. E, in più, una minaccia per tutti coloro che lavorano per la pubblica amministrazione: all’articolo 6, l’ultimo, il ministero del Tesoro mette a disposizione l’Agenzia del Demanio anche a tutte quelle amministrazioni pubbliche, non comprese nel decreto, che hanno intenzione di “razionalizzare”.

Vedi il D. M. Tesoro 14.03.2001.




IL MALTRATTAMENTO SUL LUOGO DI LAVORO


La convivenza sul luogo di lavoro è equiparabile a quella familiare. Il maltrattamento sul lavoro è come in famiglia


Il datore di lavoro che maltratta un dipendente con minacce, insulti e violenze fisiche e morali, sottoponendolo a massacranti turni lavorativi, è responsabile del reato di maltrattamenti in famiglia, perché il dipendente è assimilabile ad un membro della famiglia. Il principio è stato affermato dalla Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, che ha confermato le condanne per maltrattamenti e violenza privata inflitte ai responsabili di una ditta di vendite porta a porta che avevano sottoposto i giovani addetti alle vendite ad ogni serie di vessazioni e maltrattamenti. Invano i due si erano difesi sostenendo che il rapporto di lavoro non è assimilabile al rapporto familiare: la Cassazione ricorda che la legge estende l'applicabilità del reato di maltrattamenti in famiglia anche alle persone conviventi o sottoposte all'altrui autorità. Nel caso in esame, rileva la Suprema Corte, non vi è dubbio che il rapporto intersoggettivo che si instaura tra datore di lavoro e lavoratore subordinato, essendo caratterizzato dal potere direttivo e disciplinare che la legge attribuisce al datore nei confronti del lavoratore dipendente, pone quest’ultimo nella condizione, specificamente prevista dalla norma penale, di persona sottoposta alla sua autorità, il che, sussistendo gli altri elementi previsti dalla legge, permette di configurare a carico del datore di lavoro il reato di maltrattamenti in danno dal lavoratore dipendente; inoltre, nel caso di specie il rapporto interpersonale che legava l'autore del reato alle vittime era particolarmente intenso, poiché, a parte il contatto quotidiano dovuto a ragioni di lavoro, nel corso delle lunghe trasferte, viaggiando su un unico pulmino, consumando insieme i pasti e alloggiando nello stesso albergo, si realizzava tra le parti un’assidua comunanza di vita.

Vedi la sentenza della Cassazione 10090/2001.



Dopo tutto questo barbosissimo aggiornamento vi invito al divertimento sicuso.
Andate sul sito di Rocco, (www.rokko.it), mi raccomando muniti di flash 5 e window media player, poi mi fate sapere se è divertente o no.
Vi segnalo la sezione arena, dove potete riempire di schiaffi, pugni ed altro i due candidati premier, Berlusconi e Rutelli. La sezione è troppo forte. Ed anche la sezione onnivoro, ci sono delle favolette da far crepare dalle risate. Dunque se avete intenzione di sconfigurarvi le mandibole dalle risate be andate su.....


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